Il virus e l’acqua santa

Francesco D’Alpa Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

La Lombardia, la regione italiana maggiormente flagellata dal coronavirus, è anche fra quelle a più alta concentrazione di fonti ritenute miracolose sin dall’antichità, e tanto più con l’imporsi del cristianesimo: da quella emersa “prodigiosamente” nel 1432 a Caravaggio (nel bergamasco), ed in virtù della quale fu eretto il santuario di Nostra Signora del Fonte, a quella (individuata nel 1966) di Fontanelle (nel bresciano), definita dai suoi visitatori la “Lourdes italiana”.

Nessuna statistica ovviamente ci svelerà mai se la percentuale di malati e morti da coronavirus sia oggi minore fra le migliaia di fedeli che si recano in questi ed altri luoghi di culto; è più probabile piuttosto che qualche guarito colleghi la sua buona sorte ad una santa bevuta.

In tempi moderni l’acqua sacra è inevitabilmente associata a guarigioni individuali, sul modello di Lourdes; ben altrimenti accadeva in passato, quando le si chiedeva di allontanare i flagelli collettivi: peste, colera, carestie. Come nel 1746, allorché san Rocco avrebbe sconfitto la peste che falcidiava nel parmense il bestiame proprio grazie ad una sorgente d’acqua scaturita miracolosamente, in estate, da un suolo arido per la protratta siccità.

Sull’acqua miracolosa (almeno ‘in potenza’) sono state costruite le fortune economiche di tanti santuari, con in testa ovviamente Lourdes, capace di attirare alle sue piscine ed ai suoi rubinetti milioni di visitatori l’anno; semplici turisti in gran parte, è vero, ma in migliaia fra di loro anche speranzosi di cura fisica e non solo spirituale; giacché in molti hanno sempre affermato di esserne tornati guariti e molti altri hanno giurato averne avuto analogo beneficio utilizzando al proprio domicilio le preziose bottigliette in commercio.

Sul potere di queste e altre acque abbiamo a disposizione presunte dimostrazioni e fiumi di parole, non ultimo l’asserito potere curativo dell’acqua dinamizzata omeopaticamente. Ma in genere si tratta di pura accademia, finalizzata a supportare in linea teorica i sempre rifiorenti miti e leggende. Cosa cambia se ci si sposta invece sul versante pratico, sperimentale? Che fine fanno, allorché messe alla prova, le convinzioni religiose, che alimentano da sempre la credulità popolare e da essa ricevono ampio consenso? Sappiamo bene come si sono strutturate certe credenze: in una città sconvolta dalla peste, ad esempio, dopo un poco di tempo si celebravano messe, si organizzavano processioni, si facevano pubblici atti di penitenza; poi finalmente, dopo un tempo più o meno lungo, l’epidemia si arrestava: “miracolo”! Ebbene no, obiettiamo; prima o poi l’esito doveva necessariamente essere questo; se poi le cose andavano diversamente, la giustificazione clericale era bella e pronta: non si è pregato abbastanza, non si è espiato a sufficienza, ecc. I predicatori hanno sempre buon gioco; il loro armamentario è vasto a sufficienza, e ben rodato.

Si dirà: questo, senza dubbio ed inevitabilmente, era il passato della Chiesa; il presente è altro. Ebbene: al presente, cosa credono i cattolici, e come si comportano di conseguenza?  Credono nel miracolo e lo invocano, e come? Ed a monte di ciò, come interpretano l’attuale pandemia: una prova, un castigo? La radiografia che ci si presenta di questa popolazione ha aspetti quanto mai variegati ed in gran parte contraddittori; ne viene fuori un ritratto a dir poco sconcertante.

Partiamo dalle prese di posizione più estreme e “focose”, ovvero da tre nostre vecchie conoscenze: Livio Fanzaga, Paolo Brosio e Roberto de Mattei, sui quali vale porsi sempre l’eterna domanda: ci sono o ci fanno?

Fanzaga, o meglio padre Livio, è un anziano, quanto mai attivo, sacerdote. Usa (e ne abusa) la tecnologia per propagandare Medjugorje (sul cui “fenomeno” ha basato la propria fortuna mediatica) ma nella sua instancabile catechesi (migliaia di interventi radio e decine di libri di argomento mariano e apocalittico) ricalca (in modo più o meno decente) un repertorio teologico stantio, nel quale mistica e superstizione camminano a braccetto. Per padre Livio l’epidemia Covid-19 è una punizione divina. Lo è certamente, perché da sempre la Chiesa cattolica sostiene (verità rivelata, ma anche fondata “razionalmente”!) che malattia e peccato sono un tutt’uno, che la prima non ci sarebbe se non ci fosse il secondo (individuale o collettivo) e ne individua l’origine remota nel peccato originale. Ma lo è anche perché così si è pronunciata la “Gospa” (per noi “miscredenti”: la madonna inventata dai mistificatori di Medjugorje), affidando dieci segreti apocalittici ai suoi cosiddetti veggenti. Il coronavirus potrebbe essere uno degli argomenti di questi segreti, forse il primo castigo ad avverarsi; che infrangerebbe finalmente il velo di incertezza del “non si sa quando, non si sa come” che avvolge da più di un trentennio le fantomatiche “rivelazioni” che hanno reso prospera la città di Medjugorje ed ancor più i suoi araldi.

Logica vorrebbe, dunque, che proprio a Medjugorje dovrebbero adesso ancor più accorrere i milioni di credenti che si affidano alla “Gospa”; lì dovrebbero radunarsi, fiduciosi nella sua protezione, per invocare la salute ed il perdono dei propri peccati. Ma non assistiamo a nulla di tutto questo: il santuario si è ignominiosamente svuotato, gli alberghi sono in crisi di presenze, fra i preti e suore si contano parecchi contagiati. Solo paura del coronavirus, o crisi di fiducia nel cielo? Non lo sappiamo. Ma c’è di peggio. Il problema è che la “Gospa” avrebbe deciso di non apparire più ogni due del mese alla più esibizionista e telegenica delle veggenti: che da oggi in poi la “vedrebbe” solo una volta l’anno. E quando questo annuncio? proprio all’esplodere dell’epidemia! Ovviamente, nessuna spiegazione ci viene proposta dalla veggente.

Tanto meno “dal cielo”, che allude solo a generiche punizioni (e tale può essere, con “saggio” opportunismo, qualunque evento: visto che non mancheranno mai terremoti, guerre, epidemie …) non a eventi concreti ed a date più o meno indicative. È palese, e non si può ipotizzare altro, che la veggente in realtà semplicemente nasconda la sua paura di oggi, ed il suo “non saper più che fare”. Padre Livio, come dicevamo, si adegua (o abbocca?). Da qui tutto un ricomporsi della sua catechesi.

Sulla strada che conduce da Medjugorje a Lourdes troviamo Paolo Brosio, laico “penitente”, dal passato turbolento ed oggi avviato tour-operator (fra l’altro responsabile di buona parte del dirottamento dei pellegrinaggi da un santuario all’altro), forse sconvolto dall’entrata in crisi del santuario pirenaico. Da efficiente apostolo televisivo (non potendo esserlo dal pulpito) lancia l’allarme su “Canale 5” (ospite di “Live”, il salotto televisivo di Barbara D’Urso): come è possibile vietare l’accesso alle miracolose fontane di Lourdes, proprio a quell’acqua che cura ogni infezione o malattia? Il problema, dal suo punto di vista, è che la chiusura delle piscine di Lourdes è stata decisa (anche se forse suggerita) non esattamente dalle autorità civili, ma proprio da quelle religiose, e ben prima delle effettive restrizioni governative. Si noti bene, non l’accesso al luogo di culto (comunque pressoché desertificato per le innumerevoli disdette), ma proprio quello alle piscine, da sempre pubblicizzate come assolutamente “sterili” (un dato peraltro scientificamente smentito).

Da non credenti non si può che apprezzare la decisione ragionevole e assolutamente “razionale” dell’amministrazione del santuario, che pone (almeno in questo caso) l’epidemiologia un gradino al di sopra della fede; ma è indubbio che, smentendo più di un secolo e mezzo di sbandieramento della “sua” logica teologica, il clero di Lourdes si dimostra in tale occasione assai poco convinto della effettiva miracolosità di Lourdes. Già nel recente passato si era lì presentato qualche piccolo focolaio di malattie virali, fra gli ospiti di alcuni alberghi, ma tutto era poi rientrato senza eccessivi problemi; stavolta invece la faccenda è proprio seria: perché rischiare quanto probabilmente già avvenuto in conseguenza di improvvidi raduni sportivi o canori, ad esempio?

E veniamo a De Mattei, le cui uscite ho più volte stigmatizzato. Non so se abbia un qualche interesse per Medjugorje, ma certamente lo ha per apparizioni più datate, come Lourdes e Fatima (così come è datato e fortemente controcorrente rispetto al cattolicesimo attuale il suo pensiero religioso). Per De Mattei, quella cristiana è l’unica interpretazione possibile della storia, ed i suoi principali punti di riferimento teorici sono i più che reazionari Pio IX e Plinio Corrêa de Oliveira, ai quali non a caso ha dedicato alcuni dei suoi saggi. Quello che più sconcerta, nella contingenza attuale, è la sua visione del problema del male. Lo ha ampiamente affrontato nei suoi saggi, e continuamente lo affronta nelle sue “Corrispondenze romane”. Per De Mattei il male è un elemento permanente nella storia umana, ha radice nel peccato individuale e collettivo, ed è connesso all’azione del demonio. Non riconoscere nell’epidemia attuale (cosi come nel caso ad esempio dei terremoti) l’intervento specifico del soprannaturale, è equivalente a negare le basi stesse del cristianesimo, la sua verità ed immanenza. Nel caso di De Mattei (che ha una vasta formazione religiosa), siamo ad un livello incomparabilmente più alto rispetto a Brosio, e dunque la sua rivolta contro le decisioni prese a Lourdes è teoricamente ben più consistente; ma, quanto più si allontana dalla palese mistificazione propagandata da Brosio, tanto più (con l’intermedio di padre Livio) appare squisitamente paranoica.

La nuda verità, a voler tirare le somme, è che il coronavirus ha messo alla prova la fede, sciogliendo come neve al sole quella forzatura ideologica, tanto calorosamente ostentata da Wojtyla, che la voleva in accordo con la ragione. La prova ne è Lourdes, dove, per la prima volta nella sua storia, al momento attuale sono permessi solo riti senza fedeli, lasciando loro solo la facoltà di partecipare alla preghiera via streaming. Da qui il paradosso, potenzialmente letale per la fede popolare, di un luogo celebrato da un secolo e mezzo per presunte avvenute guarigioni miracolose, ora interdetto per impedirgli di essere esso stesso causa di malattie. Non solo conseguenze economiche, ma anche psicologiche e spirituali.