Morfologie e generi delle divinità nei miti della creazione

Giuseppe F. Merenda Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Sono passati quasi 300.000 anni da quando è comparso sulla terra l’Homo sapiens, la specie vivente alla quale apparteniamo, famiglia degli Ominidi, ordine dei Primati, ed è di grande interesse chiederci quando nella mente dell’Homo sapiens abbiano cominciato a formarsi i primi pensieri metafisici, cioè quando gli uomini hanno cominciato a sentire la necessità di immaginare uno o più esseri “creatori” ai quali ascrivere l’origine del “tutto”. Una risposta per molti versi sconcertante l’abbiamo avuta una ventina di anni fa quando l’archeologo tedesco Lutz Fiedler ha trovato nel deposito del fiume Draa, a pochi chilometri a sud della città marocchina di Tan-Tan, una statuetta di quarzite, alta circa sei centimetri, con una età attribuibile fra i 300.000 e i 500.000 anni. La statuetta viene indicata come la Venere di Tan-Tan perché riproduce la figura di una donna. Per alcuni archeologi si tratta della prima rappresentazione di una divinità e poiché originariamente era ricoperta di ocra rossa è stato ipotizzato un possibile collegamento di valenza apotropaica con il sangue mestruale. Tuttavia altri studiosi ritengono che la Venere di Tan-Tan abbia una forma antropomorfa casuale, oppure accentuata da una lavorazione posteriore, considerato che l’artefice avrebbe dovuto essere un Homo erectus il quale, a differenza del sapiens, aveva limitate capacità cognitive e quindi non poteva possedere doti astrattive e figurative [1].

Se per la Venere di Tan-Tan si possono esprimere dei dubbi sulla morfologia di genere, lo stesso non si può fare per la Venere di Berekhat Ram, una statuetta trovata nel 1981 sulle alture del Golan dall’archeologo Goren-Inbar. In questo caso si tratta senza dubbio di una figura femminile in tufo rosso, alta 35 millimetri, vecchia non meno di 230.000 anni, quasi certamente opera di un Homo erectus. Si deve dunque concludere che le prime due divinità “creatrici” immaginate dall’uomo erano di genere femminile [2]. Bisogna poi fare un salto temporale di migliaia di anni, ed ecco che agli inizi del Paleolitico superiore cominciano a comparire, principalmente in Europa, decine di idoli, di statuette rappresentanti figure femminili. Sono state chiamate le Grandi Dee, o le Grandi Madri, o le Dee Madri, oppure le Veneri Preistoriche. “Veneri” e non “vergini”, per non urtare la suscettibilità delle platee cristiane. Le più note sono: la Venere di Galgenberg (36.000 anni); la Venere di Hohle Fels (35.000-40.000 anni); la Venere di Savignano (35.000 anni); la Venere di Galgenberg (36.000 anni); la Venere di Dolni Vĕstonovice (29.000 anni); la Venere di Lespugue (26.000 anni); la Venere di Willendorf (25.000 anni); la Venere di Grimaldi (20.000 anni) [3].

Si tratta di statuine rappresentanti figure femminili, scarse o prive di vestimenti, in posizione eretta, con i seni prominenti, il ventre gravido, le anche e le natiche sovrabbondanti, la testa poco abbozzata, le braccia esili appoggiate sui fianchi e le gambe tozze terminanti con i piedi a punta. Cosa volevano rappresentare i nostri progenitori con queste statuette? Erano delle produzioni artistiche per immortalare l’avvenenza delle nostre antenate? Erano degli idoli da interrare accanto ai defunti per proteggerli dagli spiriti della morte? Erano degli omaggi simbolici alla donna intesa come produttrice di vita? Erano le rappresentazioni idealizzate delle divinità creatrici? Gli archeologi si dividono nell’attribuire queste funzioni, ma ritengono che prioritariamente le statuine volessero rappresentare la Dea Madre ovvero la Terra. L’ipotesi più accettata è che i nostri lontani precursori, avendo constatato che le femmine degli uomini, degli animali e delle piante producevano la vita tramite semi e uova, abbiano concluso che anche la Terra fosse un essere “organico” di genere femminile e dunque la prima e la principale produttrice della vita. Pertanto con le statuine votive di genere femminile hanno voluto rappresentare la Madre Terra e onorarla con appositi rituali magico-religiosi collegati al culto della fecondità e della creazione.

Il primato delle Veneri Preistoriche, delle Dee Madri e delle Divinità Creatrici Femminili durò molto a lungo. Ci vollero più di 40.000 anni prima che i creatori di genere maschile prendessero il sopravvento. Da allora in poi nelle cosmogonie il “sesso forte” non ha più ceduto il primato, con qualche eccezione che vedremo di seguito.

Per i Greci il primo dio creatore fu Caos, un mostro enorme e indistinto, venuto dal nulla. Caos fece sorgere dal vuoto Gea, ovvero la Madre Terra, e poi altre divinità primordiali: Eros, Abisso, Erebo e i gemelli Nyx. Dopodiché Gea, senza ricorrere all’aiuto di un partner maschile, generò Urano ossia il Firmamento. Urano appena nato con un atto incestuoso fecondò sua madre e dalla loro unione nacquero i Titani, uno dei quali, Saturno detto Crono, evirerà con un falcetto suo padre e ne prenderà il posto. Molti secoli dopo Platone nel Timeo descriverà un essere mitologico: il Demiurgo, il quale non è un dio generatore ma piuttosto un dio “ordinatore” che dà il soffio vitale alla materia generata dalla divina pienezza, ossia dal Pleroma [4].

Le cosmogonie egizie sono estremamente complicate. Si conoscono i nomi di più di 1.500 divinità alcune rappresentanti concetti astratti, altre fenomeni naturali o stati d’animo, altre ancora sincretismi con gli dèi delle nazioni confinanti. Nel Pantheon egizio le divinità apparivano, scomparivano, cambiavano nomi, attributi, caratteristiche e funzioni a seconda delle circostanze. L’universo non era sorto dal nulla, bensì da un dio creatore preesistente e assoluto che si chiamava Atum. Atum con il suo sperma o con il suo sputo avrebbe dato origine ai componenti primordiali dell’universo, quali il dio Shu (l’aria) e la dea Tefnut (l’acqua) o, secondo altre interpretazioni, si sarebbe unito alla sua stessa ombra, generando Shu e Tefnut che, a loro volta, generarono Geb (la terra) e Nut (il cielo). Altre correnti di pensiero sostenevano che Amon o Ammone, poi Amon-Ra, sarebbe stato il dio “che fece tutto ciò che è”. Aton, invece, iniziò la sua carriera come “dio solare” e poi fu adorato come “creatore unico”, dando origine all’Atonismo, la prima religione monoteista del mondo. Gengenuer, l’oca primordiale, partecipò alla creazione del mondo. Khepri, il dio scarabeo, fu anche lui (nel suo piccolo) un creatore. Nefertum fu il dio che creò il primo fiore di loto dal quale sorse il Sole. Ptah avrebbe creato l’universo a partire dalla “Parola” (della quale poi si ricordò Giovanni nel suo celebre incipit: “In Principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio”). Ra, il sole di mezzogiorno, il dio che viaggiava su due barche, una per il giorno e l’altra per la notte, sarebbe stato anche lui coinvolto nella creazione, più che altro mantenendo il ruolo di “governatore” del mondo. Tatenen era il dio che personificava il primo tumulo di terra emerso dal caos primordiale [5].

Anche per i Cinesi in principio esisteva solo il Caos. Dal Caos venne fuori l’Uovo Cosmico e da esso ebbero origine il principio Yang (la materia leggera) che formò il cielo e il principio Yin (la materia pesante) che formò la terra. Seguì poi la creazione delle stelle, del sole, della luna, delle stagioni e infine del gigante Pangu che aveva per occhio destro il Sole e per occhio sinistro la Luna. I quattro arti di Pangu corrispondevano ai quattro angoli del mondo. Il suo sangue e il suo sudore formarono il Fiume Giallo e il Fiume Azzurro. Pangu completò la creazione del mondo trasformando il suo soffio in vento e nuvole [6].

La mitologia induista identifica nel Brahman, essere illimitato e inconcepibile, l’unica realtà al di fuori della quale tutto è irreale. Brahman è l’origine di ogni cosa, è la matrice assoluta del creato, è la divinità cosmica da cui tutto procede, è l’essere che ha dato origine a passato, presente e futuro. Come da un uomo vivo nascono i capelli, i peli e le unghie, così da Brahman si genera il tutto. Brahman pose il suo sperma nelle acque generando l’hiranyagharbhah, l’uovo-embrione d’oro ma, secondo la concezione monotralistica, il vero “creatore supremo” è stato Vishnù.

Fu Vishnù a creare il guscio universale di base dell’uovo e a fornire le materie prime che costituirono il mondo materiale, mentre Mahā Devī, la Grande Dea Madre, avrebbe dato origine alle divinità femminili.

Nella mitologia vedica basata sulla tradizione orale è Vishvakarman l’architetto che ha inventato e progettato la struttura divina dell’Universo. Secondo i primi scritti vedici risalenti al XX e il XV secolo a.e.v., i creatori furono gli Asura, che includevano divinità come Savitr, Varuṇa, Rudra, Indra, Agni e Soma. Successivamente alcuni di questi dèi primordiali furono detronizzati dai Deva e assunsero caratteri demoniaci. Nel monoteismo zoroastriano gli Asura diventeranno un dio unico che prenderà il nome di Ahura Mazdā, che vuol dire il Saggio Signore.

Nei sacri testi vedici-purāṇici, redatti a partire dal III secolo a.e.v., il merito della creazione viene attribuito alla Trimurti rappresentata da Brahmā-Vishnù-Shiva i quali lavorarono rispettivamente per la creazione, per il mantenimento e per la distruzione della “realtà” universale [7] [8].

Per gli appartenenti alla corrente religiosa induista chiamata krishnaismo è stato Krishna il creatore supremo. Krishna ha fatto una carriera prodigiosa: da semplice eroe è diventato prima l’avatar di Vishnu, poi il suo alter ego è infine lo ha surclassato diventando il dio creatore. Anche per i Sikh, rigidamente monoteisti, esiste un creatore unico che però non possono nominare. Secondo il Nāsadīya sūkta, il 129°  inno del decimo libro del Ṛgveda, noto come Inno della Creazione, l’origine dell’universo è incomprensibile. Le stesse divinità apparse in un tempo successivo alla creazione non ne conoscono le cause e non sono in grado di comprenderne il mistero. Viene avanzata la supposizione che l’universo sia nato da un seme primordiale chiamato “retah”.

I Buddhisti respingono l’esistenza di una divinità creatrice. Anche i Giainisti adottano una prospettiva sostanzialmente ateistica ed escludono l’esistenza di un essere che abbia preso su di sé il compito di creare il mondo, però si perdono nella descrizione della forma dell’universo, che somiglierebbe a un uomo ritto in piedi con le mani sui fianchi, alto quattordici rajju, con il rajju corrispondente allo spazio che un dio percorre in sei mesi viaggiando a due milioni di miglia all’istante [9].

Volendo restare fra gli “indiani”, per gli Algonchini del Nord America il primo e il più potente di tutti gli dèi è stato Kitcki Manitou, il Grande Spirito, il Padre della Vita, il Padrone della Luce, l’Essere Increato superiore a tutti gli altri dèi. Kitcki Manitou si manifestò nel Sole, fu però aiutato da uno spirito co-creatore: Nanabozho, il “Grande Coniglio”, detto anche Michabo, la “Grande Lepre”. Kitcki Manitou creò la terra, l’acqua, i pesci e i cervi. Gli Algonchini credevano anche nell’Uccello di Tuono, un potente spirito i cui occhi sprizzavano lampi e il cui battito d’ali era simile al rumore dei tuoni. Al di sotto delle nuvole viveva la Madre Terra che nutriva le piante, gli animali e gli uomini e che gli Algonchini chiamavano affettuosamente Nokomis, la Nonna [10].

Per gli Aztechi la divinità principale era Ometeotl/Omecihuatl che possedeva caratteristiche maschili e femminili essendo costituito da una coppia di dèi i cui nomi alla lettera significavano: “Signore due” e “Signora due”, come dire “Genitore uno” e “Genitore due”. Come divinità femminile creatrice adoravano Coatlicue, dea del fuoco e della fertilità, madre delle stelle del sud. Secondo una versione del suo mito, Coatlicue partorì da vergine Quetzalcoatl e Xolotl, i quali poi la uccisero. Successivamente, in una sarabanda di matricidi, patricidi e figlicidi i miti si intrecciarono e si ingarbugliarono.

Per gli Inca il creatore è stato Viracocha, detto anche lo “Splendore Originario” o il “Maestro del Mondo”, che però si sarebbe limitato a creare il cielo e la terra [11].

Il Pantheon slavo, la cui origine risale al neolitico, non aveva una struttura cosmologica univoca e pertanto molte divinità erano conosciute con nomi differenti anche perché si riteneva che chiamarle con il loro vero nome procurasse sventura. La divinità più antica era Rod che aveva come paredra Živa, la personificazione dell’amore e della fertilità. Rod in seguito sarebbe stato affiancato e scalzato da Perun. Erano entrambi divinità tribali alle quali non si può dare la qualifica piena di “creatori” [12].

Nella cosmogonia norrena in principio c’erano il mondo del ghiaccio Niflheimr e il mondo del fuoco Múspellsheimr. Fra di essi c’era Ginnungagap il “vuoto spalancato” nel quale nulla poteva vivere. Quando il fuoco e il ghiaccio si incontrarono diedero vita al gigante primordiale Ymir e alla sua nutrice, la vacca cosmica Auðhumla. La vacca leccò il ghiaccio dando forma al primo dio semi-umano, Buri, che fu il padre di Borr, a sua volta padre di Odino, il primo Æsir. Odino e i suoi fratelli, Víli e Vé, uccisero Ymir e con il suo corpo formarono il mondo [13].

Nella mitologia Inuit ci sono sei divinità della creazione, tre femminili: Aakuluujjusi, Aulanerk e Noesarnak e tre maschili: Agudar, Agugux eTulugaukuk.

La religione tradizionale dei Sami o Lapponi è una religione politeista basata sulle forze della natura. Gli antichi Sami veneravano come divinità principale Tiermes, il signore della pioggia. Altre divinità importanti erano Radien “colui che regna”, Veraldenradien “colui che regge l’universo” e Veraldenolmai “l’uomo dell’universo” [14].

Le divinità dei popoli dell’Africa subsahariana sono innumeri e una loro descrizione estesa non può entrare a far parte delle finalità del presente testo che è quasi un catalogo. Le divinità africane più che dai miti derivano dalle religioni preistoriche, non fosse altro perché elementi utili per la loro conoscenza sono stati tratti dalle raffigurazioni rupestri. Il concetto del Dio Supremo è spesso ampliato fino a comprendere il concetto di Creatore del Mondo, cioè di un essere extraumano, amorfo, che dimora in cielo, che conosce ogni cosa, che incombe sull’uomo e che, possedendo una valenza magica, permette agli “uomini-medicina” di instaurare con lui un rapporto diretto. Negli idiomi dei popoli africani l’Essere Supremo assume le denominazioni e le forme più diverse, tipo: Murungu, Yao, Nyamwezi, Kikuyu, Mungu, Chiuta, Leza, Nzamb, Katonda, Mumbiè. I Ngombe (Congo) lo chiamano “il formatore” perché ha creato ogni cosa, ma anche “l’immensità della foresta” perché coincide con l’infinito. Per le oltre quattrocento etnie Bantu, distribuite dal Camerun all’Africa meridionale, il dio assoluto è il gigante Mbombo o Bumba il quale, in seguito a un terribile mal di stomaco, ha vomitato il mondo e, continuando a soffrire di disturbi gastrici, ha rigurgitato gli altri dèi, il sole, la luna, le stelle cadenti, gli alberi, gli animali, la scimmia Fumu e per ultimi un uomo e una donna. Altra divinità della creazione è Morino. Anche nella mitologia degli Zulu il Dio Creatore è Mbombo, aiutato però da Unkulunkulu. Per i Fon, popolo del Benin, il mondo è opera di Nana Buruku, uno spirito dell’oltretomba. I Kamba, gruppo etno-linguistico di ceppo bantu diffuso nel Kenya e nella Tanzania, incentrano il loro culto su Ngai, affiancato da Kalunga “il re del regno dei morti”, da Ndjambi Karunga “l’attivo”, da Loba “il Sole” e dagli spiriti ancestrali Aimu, i quali accompagnano gli uomini durante tutto l’arco loro esistenza e ricoprono il ruolo di spirito-marito per le donne. Ogni donna kamba, oltre a un marito in carne ed ossa, possiede anche un marito spirituale, responsabile della fertilità [15] [16].

Per gli Shilluk (Sudan), quasi tutti ormai convertiti al cristianesimo, il dio supremo era il “Grande Antenato”, invece per gli Ashanti l’essere supremo è Nyame noto pure come Brekyirihunuade. Secondo gli Ewe (Togo e Benin) Soche, il dio del temporale, si è diviso in due parti: il pene che vive in cielo e da lì scaglia frecce e asce (tuoni e fulmini) e la vagina, che elargisce pioggia e fertilità ai campi e alle foreste [17]. In Camerun si narra che il mondo sia stato creato da Wang’Ilonga. Il dio creatore degli Ekonga-Batoa è Elima, la “forza vitale”. Secondo un mito gizica (Camerun settentrionale) un tempo Bumbulvun, il cielo, viveva in mezzo agli uomini, anzi gli era così vicino che essi potevano camminare solo con la schiena curva. Un giorno la giovane figlia di un capo chiese al dio di spostarsi in modo che lei potesse mettersi dritta. Bumbulvun, indignato, se ne andò e da allora gli uomini camminano eretti. Secondo gli Efik (Nigeria), la cui mitologia è stata influenzata da quella cristiana, Abassi, il dio del cielo, dopo avere posto la prima coppia di umani sulla terra gli proibì di procurarsi il cibo e di riprodursi per paura che imparando potessero superarlo nella capacità di fare le cose. I due disobbedirono e scoprirono anche il sesso. Il dio infuriato li uccise e portò la discordia tra i loro figli. Ajok, il dio della pioggia e della resurrezione, è la divinità principale dei Lotuko (Sudan). Asa è la somma divinità che regna con clemenza e indulgenza sugli Akamba (Kenya e Tanzania). La divinità suprema del pantheon Igbo (Nigeria, Camerun e Guinea Equatoriale) è Chúkwú (il Supremo Spirito) da cui derivarono tutti gli altri dèi chiamati collettivamente Alusi. Per gli Ashanti (Ghana) l’Essere Supremo fece scendere dal cielo una “sgabello d’oro” sul quale poteva sedersi solo il loro capo. L’Oscar dell’originalità va assegnato agli Adja del Ghana che attribuiscono l’origine del mondo non a una dio, ma a un oggetto: la “calebasse”, un frutto che somiglia a una zucca e che scavato diventa un recipiente. In principio il mondo era formato da una calebasse divisa in due parti: la parte superiore presieduta dal cielo e quella inferiore dalla terra. Un giorno il cielo decise di unirsi alla terra e lo fece per mezzo della pioggia. Il contatto delle gocce d’acqua con il terreno portò alla nascita delle piante e alla fuoriuscita degli uomini e degli animali [18].

Fra i popoli semitici era comune l’idea che esistesse prioritariamente una entità di genere maschile dalla quale sarebbero derivate le altre divinità. Così per gli Assiri, semiti orientali, il dio primordiale era stato Apsu, dio delle acque profonde, il quale si compiaceva così tanto di se stesso da non volere creare nulla e da passare il tempo a dormire. Poi spuntò chissà da dove la dea Tiamath che, innamoratasi di Apsu, si dilatò sino a diventare impalpabile, trasparente, invisibile, quasi inesistente e riuscì a congiungersi con lui. Dalla loro unione nacquero Lahmu e Lahamu, due mostruosi serpenti, e poi Anšar, il dio dai due volti, re del cielo, che sposò sua sorella Kišar, dea del pianeta Giove.

Per i Sumeri, al principio di tutto c’era Nammu, il Mare Primordiale, eterno perché mai nato e mai creato. Da Nammu ebbe origine la Montagna Cosmica formata dal Cielo e dalla Terra uniti insieme e non distinti. Poi il Cielo si staccò, si personificò nel dio An e sposò la Terra, che prese il nome di Ki. Dai loro amplessi nacque Enlil, il dio dell’Aria, chiamato Assur dagli Assiri, il quale riuscì a raggiungere il grado di “Padre di tutti gli Dei”.

Nella religione babilonese, la prima divinità fu Enlil. A lui si aggiunsero Bel, il dio della terra, Ea, il dio degli oceani, Mammu, il diavolo e infine Anu e suo figlio Marduk, che riuscì a divenire il Re degli Dèi e la divinità protettrice della città di Babilonia. Marduk, il dio polioftalmico perché aveva almeno quattro occhi, oltre a determinare i destini degli umani, possedeva facoltà magiche, presiedeva agli esorcismi ed era considerato il creatore dell’universo essendo stato generato a partire dal caos primordiale. È interessante notare come Marduk sia attestato nelle più antiche fonti sumeriche con il possibile significato di “Giovane toro del dio Sole”, dove si palesa la sua derivazione da Apis, il dio toro degli Egizi, ritenuto l’incarnazione terrena di Ptah [19].

Gli Arabi, semiti sudoccidentali, adoravano una triade di dee: Manah, divinità solare; al-Lat, dea della terra (il cui tempio che custodiva una “pietra divina discesa dal cielo” per ordine di Maometto fu dato alle fiamme) e al-Uzza, anche lei divinità della terra. Queste tre divinità erano chiamate le “Figlie di Dio” a evidenziare che alla loro origine c’era una figura monoteistica maschile. Inoltre gli Arabi credevano in Dahr o Zaman, Dio del Tempo, portatore di dolori e di avversità, e in Manyah, il Destino, entità alla quale il Dio Supremo, dopo aver creato la vita, aveva lasciato il governo del mondo. Dopo la predicazione di Maometto per gli Arabi il dio unico e assoluto divenne Allāh, il cui nome proviene dall’aramaico Alāhā, ma che secondo la cultura islamica possiede altri 99 nomi, a partire da Rahmān “il Misericordioso”, per continuare con Abd al-Rahmān, Abd al-Rahīm, Abd al-Jabbār, Abd Allāh, ecc. Tutti questi nomi hanno come prefisso “Abd”, che vuol dire “schiavo di” [20].

Per i semiti nordorientali: Cananei, Amorrei, Fenici ed Ebrei, il termine più adoperato per indicare la divinità suprema è El, talora Il, Ilu o Elo e, impropriamente, Elohim. Invece, nella cultura religiosa iranica preislamica il termine più adoperato è l’avestico Ahura (Signore), corrispondente all’antico avestico anshu che significa il respiro vitale.

Presso gli Ebrei, oltre a El, i nomi con cui viene indicato il dio supremo e creatore sono tanti. Ci sono: El Elyon (nel significato di “più alto”); El Olam (Dio Eterno); El Shaddai (Dio Onnipotente); El Roi (Dio che mi vede); El Berit (Dio dell’Alleanza); Eloah, (plurale: Elohim) il “Vero Dio” o anche Elohim ḥayyim, con il significato di “Dio vivente”. Per ultimo Adonai, cioè “Signore”. Tuttavia, il nome che appare più spesso nella Bibbia ebraica è quello composto dalle lettere ebraiche: י (yod) ה (heh) ו (vav) ה (heh), comunemente chiamato il tetragramma biblico, che viene traslitterato in YHWH, considerando che la scrittura ebraica va da destra a sinistra. Anche fra gli Ebrei il nome del dio creatore che prevalse fu quello di YHWH, bisogna però considerare che gli Ebrei non pronunciano il nome di dio perché è sacro. Per esempio durante la lettura del Tanakh, quando trovano il tetragramma divino lo saltano e non lo pronunciano e quando recitano le preghiere dicono Adonai invece di YHWH. Usualmente, nelle normali conversazioni, dicono HaShem, che vuol dire “il Nome” e quando scrivono lo modificano, togliendo alcune lettere così che YHWH diventa YH.

I seguaci del Cristianesimo ritengono che la creazione dell’universo sia stata attuata da un unico essere, quello stesso essere che gli Ebrei chiamavano Jahvè e che loro hanno ribattezzato Dio, Signore, Padreterno, Onnipotente, ecc. Riporto il celebre inizio di Genesi: “In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”. Quello che colpisce di questo creatore è la sua indistinguibilità dagli altri creatori: Demiurgo, Aton, Amon-Ra, Ptah, Brahman, Vishvakarman, Krishna, Kitcki Manitou, Apsu, Mbombo, Allāh, El, Ahura, Sang Hyang Widhi e Kamui. Altra particolarità non esaltante del dio cristiano è che i suoi seguaci hanno imitato alcune religioni antecedenti quali lo Zoroastrismo, l’Ebraismo e l’antichissimo Atonismo [21].

Nell’Estremo Oriente si credeva che il “tutto” fosse stato originato da due principi opposti: la Luce e il Buio, impersonificati dal Sole e dal Fuoco, dalla Luna e dall’Acqua. Il primo principio era rappresentato figurativamente da un uccello, mentre il secondo principio era raffigurato da un serpente, due simboli non umani e di genere maschile.

Fra i Mongoli esistono tanti miti della creazione. Nel più antico agli inizi del tempo c’era solo acqua e dal cielo Lama scese su di essa tenendo in mano una verga di ferro con la quale cominciò ad agitarla. L’agitazione provocò un vento e un fuoco che causarono un ispessimento al centro delle acque e si formò la terra. Dopo la creazione della terra dall’argilla fu creata la prima coppia di umani: maschio e femmina. Nella regione attorno al lago Baikal, dove la predicazione lamaista non era stata efficace, le divinità creatrici sono ritenute Bai-Ulgan ed Esege Malan [22].

Per gli appartenenti alle centinaia di gruppi etnici dell’Arcipelago Indonesiano, il dio creatore assoluto è Sang Hyang Widhi, detto il “Divino Ordinatore”, mentre per gli aborigeni australiani al principio di tutto c’è stato il “Serpente Arcobaleno”, un rettile di dimensioni enormi, abitante nelle paludi più profonde e discendente del serpente visibile nella Via Lattea [23].

Fra i Māori, popolo polinesiano diffuso fra la Nuova Zelanda e l’Australia, vige il mito che il creato sia opera del genere femminile e dunque della Terra. Papatūānuku la Madre Terra, emersa dalla “lunga oscurità”, ha dato alla luce tutte le cose. Chi ha fecondato Papatūānuku è stato Ranginui, il Padre Cielo. Dalla loro unione sono nati numerosissimi figli di generi e specie diverse: uomini, uccelli, pesci, venti e l’acqua [24].

Nella mitologia giapponese gli dèi per creare il mondo scelsero due giovani kami (numi o spiriti soprannaturali) Izanagi e Izanami, fratello e sorella, e a questo scopo diedero loro una lancia ingioiellata. Izanagi, la divinità maschile, agitò con la lancia il fango primordiale, dal fango caddero delle gocce di acqua e da esse si formò l’isola di Onogoro dove i due kami andarono a vivere e a procreare.

La cosmologia degli Ainu, popolazione indigena del nord del Giappone, (letteralmente gli “umani”, anche se si diceva che molti di loro avessero la coda a causa delle “unioni” con gli animali) comprende sei paradisi e sei inferni. I demoni si trovano negli inferni, le divinità minori nei paradisi bassi e nel sommo paradiso vive con i suoi servi Kamui, la divinità creatrice. Kamui creò il mondo come un grande oceano adagiato su di una enorme trota. Secondo gli Ainu le maree sarebbero causate da questo pesce che di volta in volta beve o sputa fuori l’acqua del mare e anche i terremoti, sarebbero originati dai movimenti di questa Grande Trota [25].

Note

[1] Bednarik Robert G., A figurine from the African Acheulian, Current Anthropology 44(3), pp. 405-413, 2003.

[2] Goren-Inbar N., Peltz S., Ulteriori osservazioni sulla figura di Berekhat Ram. Rock Art Research 1995, 12, pp. 131-132.

[3] Dixson Alan F., Venus Figurines of the European Paleolitich: Symbols of Fertility or Attractiveness? Research Article, Volume 2011. Article ID 569120.

[4] Papiro di Derveni (Teogonia) in Le religioni dei misteri. (trad. P. Scarpi) Milano. Fondaziome Lorenzo Valla/Mondadori, Vol. I, pp. 367 e sgg., 2007.

[5] Tosi Mario, Dizionario enciclopedico delle Divinità dell’Antico Egitto, Torino, 2004.

[6] Cammelli Stefano, Storie di uomini e di fiumi. Lungo le rive del Fiume Azzurro cercando la Cina di ieri e di oggi, Bologna, Il Mulino, 2016.

[7] Sani Saverio, Rgveda le strofe della sapienza, Letteratura Universale Marsilio, Venezia, 2000.

[8] Gatto Trocchi Cecilia, Enciclopedia illustrata dei simboli, Roma, Gremese Editore, 2004.

[9] Eliade Mircea, Storia delle credenze e delle idee religiose. La sintesi induista: il Mahābhārata e la Bhagavad Gītā, vol. 2. Milano, Rizzoli. 2006.

[10] Waldman, Carl. Encyclopedia of Native American Tribes. Infobase Publishing. 2009. pag. 9-15.

[11] Disselhoff, H.D. Le civiltà precolombiane, Milano, Bompiani,1983.

[12] Lajoye P., New researches on the religion and mythology of the Pagan Slavs, Lisieux, Lingva, 2019.

[13] Davidson Ellis H.R., Gods and Mithis of Northern Europe. Manchester University Press, Manchester, 1988.

[14] Cavalli-Sforza Luigi L., Geni, popoli e lingue, Milano, Adelphi, 1996.

[15] Werner Alice, Myths and Legends of the Bantu. G.G. Harrap & Co., London, 1933.

[16] Van der Leeuw Gerardus, Fenomenologia della religione, Torino, Boringhieri, 1960.

[17] Lynch Patricia A., Roberts J., African Mythology A to Z, Infobase Publishing, 2010.

[18] Olupona Jacob K., African Religions. A Very Short Introduction, New York, Oxford University Press, 2014.

[19] Pinches Theophilus G., The Religion of Babylonia and Assiria, The World Wide School, Seattle, 2000.

[20] Hoyland R.G., Arabia and the Arabs. From the Bronze Age to the coming of Islam, Routledge, 2001.

[21] Mimouni Simon-Claude, Le Judéo-christianisme ancien. Essais historiques, Prefazione di André Caquot, Parigi, Cerf., 1998.

[22] Heissig Walter, The Religions of Mongolia, (trad. Samuel G.), University of California Press,1980.

[23] Hooykaas C., Cosmogony and Creation in Balinese Tradition, Bibliotheca Indonesica, The Hague, Martinus Nijhoff, 1974.

[24] Simpson J., Women Religion and Society in New Zealand, A Literature Review Journal of Religious History, Vol. 18, N. II, Dic. 1994.

[25] Kitagawa Joseph Mitsuo, Prehistoric Background of Japanese Religion, History of Religions II, pp. 292–328, 1963.

Il testo qui pubblicato è tratto da Giuseppe F. Merenda, Vita di Jahvè, dalla nascita sino alla morte.