Il progetto di legge non è cattolico: le ingerenze del Vaticano nella legislazione italiana

Paola Frongia e Giuseppe Spanu           

Un intervento senza precedenti

La Chiesa fa sentire puntualmente la sua voce, quando nel nostro Paese si discute una norma che concede dei diritti civili. Con il Ddl Zan però è intervenuta in maniera inedita. Lo scorso 17 giugno monsignor Paul Richard Gallagher, segretario di Stato della Santa Sede, ha consegnato presso l’Ambasciata italiana una “nota verbale” in cui si chiedeva di accogliere le preoccupazioni del Vaticano, perché il decreto, se approvato senza modifiche, avrebbe violato in “alcuni contenuti l’accordo di revisione del Concordato” [1]. Sino ad allora, il clero non era rimasto in silenzio: per la CEI il Ddl non era necessario, nel nostro ordinamento esistevano già “adeguati presidi” [2] contro i comportamenti violenti; per il cardinale Bassetti non si poteva combattere la discriminazione con una legge basata sull’intolleranza; infine per il vescovo di Ventimiglia rappresentava “un attacco teologico ai pilastri della dottrina cattolica” [3]. Tuttavia, la nota diplomatica costituiva un non licet destinato a fare molto rumore. Un intervento senza precedenti che ha portato i senatori cattolici ad allinearsi ai diktat di Oltretevere [4] e ad affossare [5] il Ddl con tanto di applausi. Per trovare un’ingerenza simile, dobbiamo risalire ai tempi in cui c’era il Papa Re.

Fine dei privilegi

Dopo il 1848 nulla sarebbe stato come prima [6]: i moti liberali avevano favorito la progressiva laicizzazione della società; ma Pio IX non si rese conto che bisognava rinnovare le istituzioni ecclesiastiche e si arroccò in un intransigente conservatorismo. Il primo scontro tra il Regno di Sardegna e il Papa nacque in merito all’abolizione dei benefici, ormai anacronistici, di cui godeva il clero. Ad esempio, era ancora in vigore il diritto d’asilo di manzoniana memoria, che consentiva ai religiosi di proteggere i rei perseguitati dalla giustizia. La Chiesa vi rinunciò, ritenendosi “paga del privilegio di poter dare il supremo conforto del perdono ai delinquenti pentiti” [7]; ma fu decisamente belligerante, quando si trattò di eliminare altre vergognose franchigie di origine medioevale.

Lo Statuto Albertino prevedeva l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge (art. 24) e che la giustizia fosse emanata dal Re (art. 68) e non da un’autorità extraterritoriale come lo Stato Pontificio. Tutti i parlamentari, a cominciare dal presidente del Consiglio Massimo D’Azeglio (1798-1866), capirono che era necessario abolire quelle antiche concessioni, perché in palese contrasto con la Costituzione; gli unici a non comprenderlo furono il Papa e la sua corte. Alcune personalità cattoliche e liberali come Domenico Pareto (1804-1898), Antonio Rosmini (1797-1855) e persino il noto neoguelfo Cesare Balbo (1789-1853) cercarono di convincere il pontefice ad aprire le trattative. Tutti i tentativi fallirono e “la penosa eredità” [8] fu raccolta dal moderatissimo conte Giuseppe Siccardi (1802-1857). Quando quest’ultimo si recò a Gaeta e a Portici, dove la corte papale si trovava in esilio [9], fu trattato con scortesia e diffidenza: come mai un uomo così dabbene aveva accettato “una missione così detestabile” [10]? Pio IX si rifiutò di trovare un accordo tra lo Stato Sabaudo e la Chiesa. Tuttavia, il governo piemontese intendeva proseguire la sua azione legislativa e fece nominare dal Re proprio Siccardi come ministro guardasigilli. Il conte elaborò un progetto di legge [11] in linea con i principi dello Statuto, che passò alle Camere, nonostante l’opposizione di qualche clericale e dei quotidiani reazionari. Fu una dura lezione per Pio IX: l’intransigenza non aveva pagato, doveva cambiare metodo se voleva impedire che il parlamento subalpino approvasse anche la riforma più sconcertante.

Questa legge non s’ha da fare

Il Ddl Boncompagni-Galvano per istituire il matrimonio civile fu approvato dalla Camera il 5 luglio 1852; una legge coraggiosa, che sicuramente avrebbe incontrato “gravissime difficoltà” [12]. La Chiesa aveva dimenticato che sino al Concilio di Trento (1545) gli sposi firmavano un contratto davanti a un notaio, non davanti a un sacerdote, perché il matrimonio era considerato un affare privato, non un sacramento. Il fuoco di sbarramento contro il vituperato decreto, si mise subito in moto: alle Camere furono presentate una serie di petizioni con le firme di migliaia di cittadini; l’episcopato della Savoia minacciò di scomunicare i fedeli che avrebbero contratto il matrimonio civile; infine, fu inviata una nota diplomatica presso l’ambasciata sarda a Roma, in cui la Chiesa esprimeva la sua disapprovazione verso la nuova legge. Ma l’azione di Pio IX fu più astuta: attraverso il ministro sardo a Parigi fece sapere a D’Azeglio che Napoleone III sconsigliava di far proseguire l’iter parlamentare della riforma. Il governo piemontese informò la Santa Sede che non escludeva la possibilità di revisionare il decreto, ma la battaglia non si attenuò, anzi venne adottata una strategia che “si rivelò di un’efficacia straordinaria” [13].

La vittoria di Pio IX

Il Pontefice ricorse alle pressioni morali sul giovane sovrano Vittorio Emanuele II [14], scrivendogli una lettera accorata, infarcita di frasi colme di dolore per l’incredibile proposta di istituire il matrimonio civile. Il Re, non a caso, ricevette la missiva proprio nei giorni in cui D’Azeglio era assente per le ferie estive. Il generale Lamarmora che ne faceva le veci, gli propose di inviare al Papa una sorta di memoria per dimostrare “le buone intenzioni che avevano ispirato i legislatori” [15]. La risposta del sovrano fu ambigua: precisò che il Ddl Boncompagni-Galvano non era ancora passato al Senato, camera in cui all’epoca si radunavano “le primarie virtù e capacità del Regno” [16], perciò era passibile di modifiche o poteva persino essere ritirato. Vittorio Emanuele scrisse anche a D’Azeglio, allegando la lettera del pontefice e la sua risposta. Il primo ministro capì che il Re non era disposto a lottare fino in fondo per l’approvazione della riforma [17] e presentò le dimissioni. L’incarico di formare il governo venne affidato a Cavour che, sebbene fosse ostile alle pretese di Pio IX, s’impegnò a non fare di questa legge una priorità dell’esecutivo. Il giorno in cui iniziò la discussione in Senato, il primo articolo fu respinto con un solo voto di scarto; Cavour non esitò a ritirare il Ddl, accontentando il Re che “s’illudeva ancora di poter concludere amichevoli trattative con Roma” [18]. Pio IX aveva vinto. Il matrimonio civile verrà approvato solo nel 1865 [19], quattro anni dopo la morte del fautore del principio “libera Chiesa in libero Stato”.

Note

[1] www.corriere.it/cronache/21_giugno_22/vaticano-ddl-zan-legge-testo-b13294ba-d2d0-11eb-9207-8df97caf9553.shtml

[2] Ibidem.

[3] Ibidem.

[4] www.linkiesta.it/2021/10/chiesa-cei-ddl-zan-diritti-civili/

[5] Il Ddl Zan è stato approvato alla Camera il 4 novembre 2020. Non ha subito modifiche ed è stato respinto al Senato il 27 ottobre 2021.

[6] Gli accordi del congresso di Vienna (1815) avevano stabilito i confini degli Stati dell’Italia preunitaria e riportato al potere le monarchie assolute, rigorosamente cattoliche, che governavano prima dell’era napoleonica.

[7] Enrico Costa, Sassari, vol. IV, Gallizzi, Sassari 1976, p. 181.

[8] Vittorio Gorresio, Risorgimento scomunicato, La Zisa, Palermo 2011, p. 21.

[9] Dopo la proclamazione della Repubblica Romana (1849) sino al 1850 quando, sotto la protezione dei francesi e degli austriaci, tornerà a Roma.

[10] Ibidem.

[11] La legge Siccardi era composta da nove articoli: i primi cinque abolivano il privilegio del foro ecclesiastico; il sesto ciò che restava del diritto d’asilo; il settimo stabiliva le pene per l’inosservanza delle solennità religiose; l’ottavo si occupava delle autorizzazioni per gli acquisti e le accettazioni di donazioni degli enti morali laici e religiosi; infine l’ultimo annunciava che il Governo avrebbe presentato un progetto di legge sul matrimonio civile.

[12] Ivi, p. 29.

[13] Ivi, p. 31.

[14] Era ancora lontano il tempo in cui i due avrebbero interrotto ogni rapporto e sarebbero diventati acerrimi nemici.

[15] Ivi, p. 32.

[16] Ibidem.

[17] Ivi, p. 33.

[18] Ivi, p. 35.

[19] Nel 1929 con i Patti Lateranensi, la Chiesa cattolica ottenne l’equiparazione negli effetti civili tra il matrimonio religioso e quello con rito civile.